LINEA NOVANTANOVE
Sessant’anni o giù di lì,
portati male.
È magro e nervoso,
profonde rughe
sul viso, radi
capelli bianchi
rasati, barba
di due o tre giorni.
Si appisola ogni tanto
cullato dal movimento
del pullman: linea
Novantanove, direzione bassa.
Si appisbla, gli cade la testa
ogni tanto e si sveglia.
Gli sto accanto
e lo sento che respira
dalla pancia, e capisco
che si addormenta
e si risveglia, scosso
dal moto della corriera.
Si direbbe
un operaio, un contadino
scappato in città
per commissioni,
che torna
alla bassa, alla base, a casa.
Ma se stesse
solo tornando, non mi avrebbe
con sé, così vicino
che mi riscalda col suo corpo
muscoloso e nervoso
da operaio o contadino.
Solo la canottiera,
solo le mutande
mi separano dalla sua pelle.
Di tanto in tanto
mi sistema, mi sposta,
mi inclina, mi tasta,
mi controlla, mi carezza
quasi. Mi trova scomoda.
Arriviamo. Scende
dalla corriera, linea
Novantanove, autobus
nuovo d’inaugurazione.
Fa freddo fuori, lo sento
tremare, forse
non per il freddo. Entra
nel centro
Commerciale quasi vuoto
nel primo pomeriggio.
Cerca una persona
tra gli scaffali del supermercato
deserto. La trova. Finalmente
lo sento parlare,
dire poche parole
nervose, tra i denti.
Va’ via, sento dire
a una donna, a quella
che cercava
tra gli scaffali
deserti.
Movimenti
bruschi. Strattona,
forse. Strepita
la donna. Eccolo,
mi impugna;
sono fuori;
mi toglie la sicura;
vedo la faccia
terrorizzata della donna,
cornice le fanno confezioni
disposte sugli scaffali.
La sua rabbia
è la mia rabbia;
La sua forza
è la mia forza;
Il suo odio
è il mio odio.
Sentite
la mia voce di rombo,
fuoco e piombo:
ECCO LA MIA VOCE!
Massimo Zanettini